La magia del Chianti sgorga suadente dalle bottiglie di quel vino che il mondo invidia. La moderna vicenda del "Chianti Classico" inizia nell'800 quando il barone Ricasoli codifica il "governo del vino".
Il legame ancestrale di queste terre con la vite e con il vino è stato confermato dal recente ritrovamento in un sito archeologico chiantigiano di alcuni semi di ventitré secoli fa di “Vitis Vinifera”; dal tardo Medioevo, poi, le viti diventano protagoniste dell’agricoltura e dell’economia.
La derivazione della parola Chianti, secondo un documento del 790 della Badia di San Bartolomeo a Ripoli, è di difficile identificazione: probabilmente è un’evoluzione dal latino clangor, ossia strepito o squillo tipico nei fitti boschi risonanti di trombe per cacce nobiliari e strida di animali. Ma c’è chi, tra i glottologi, rimanda ad un’origine etrusca del nome e chi invece lo ritiene di derivazione tardogermanica ai tempi dell'occupazione longobarda. Certo è che di Chianti si comincia ufficialmente a parlare attorno al settimo secolo. Terra di grandi vini, grazie anche ai monaci che disboscarono e
piantarono viti sui terreni che circondavano le abbazie e grazie agli stessi contadini che ne perpetuarono la coltivazione. La moderna vicenda del “Chianti Classico” inizia nell’Ottocento con un personaggio che è stato il padre dell’attuale vitienologia chiantigiana e che ha ispirato il disciplinare di produzione: il barone Bettino Ricasoli. Nel 1874 egli codificò il governo del vino (tradizionale sistema di vinificazione toscano) e definì le proporzioni dell’uvaggio del Chianti attribuendo una percentuale a ciascuna delle principali varietà di uve.
Ogni stagione è buona per visitare il Chianti. La primavera e l’autunno sono i periodi migliori, quelli in cui il paesaggio e il clima sono piacevoli e la bassa stagione permette di trovare meno affluenza e prezzi più vantaggiosi. La campagna fiorisce e regala tutta la sua bellezza. In estate il Chianti è il posto giusto dove rilassarsi e trovare temperature più miti. In questa stagione e fino all'autunno tutti i borghi e i paesi si animano con feste e appuntamenti legati alle tradizioni, alla storia e alla cultura del vino e del buon cibo.
Scoprire il Chianti vuol dire cercare nuovi modi di gustare il viaggio e il paesaggio, percorrere itinerari inconsueti e conoscere le piccole capitali del Chianti senese: Radda, Gaiole, Castellina e Castelnuovo Berardenga. Ridurre il Chianti al solo Chianti sarebbe far torto alla sua complessità, perché semmai il denominatore comune di queste terre sta nell’accezione alta di ruralità. Una ruralità aristocratica. E non perché il territorio sia punteggiato di titolate magioni, di manieri feudali, o perché qui oggi abbia scelto di vivere parte della moderna nobiltà (quella dello show-biz come degli affari e dell’intellighenzia), ma perché è l’eccellenza dei prodotti a determinare questa esclusività. In fondo è il vino ad essere il risultato del Chianti e non viceversa.
Accanto al vino questa sapienza rurale ha prima preservato e poi rilanciato l’olio, ha recuperato la razza di Cinta senese e una misurata pastorizia, che dà eccellenti pecorini. Il Chianti affida alla sua cucina un pezzo della sua identità. Ogni piatto è il risultato della cultura, che rimanda ancora alla terra e al legame che l’uomo ha stabilito con l’ambiente, preservato forse più che altrove proprio perché più che altrove vissuto.